Questa sintesi biografica di San Sossio si basa sui molti documenti leggibili nelle numerose opere agiografiche e critiche che riguardano la sua Vita: scritture leggendarie, testi celebrativi e devozionali, atti e codici cartacei che sì corroborano con testimonianze lapidarie e monumentali.
A San Sossio, diacono e martire di Miseno, è riconosciuto il Patronato religioso della città di Frattarnaggiore condiviso con Santa Giuliana. Egli subì il martirio durante la persecuzione di Diocleziano (303-305), pochi anni prima dell’Editto di Costantino (313) che consentì nel mondo romano lo sviluppo ufficiale della civiltà cristiana.
Il Cristianesimo campano dei primi secoli annovera San Sossio tra i suoi santi più rappresentativi e più celebrati; avendo egli offerto alla storia ecclesiastica un’altissima e pura testimonianza di fede e di coraggio; primo tra i martiri della Solfatara di Pozzuoli insieme con san Gennaro (vescovo di Benevento), con i santi Festo e Desiderio (diacono e lettore di Benevento), e con i santi Procolo, Eutichete ed Acuzio (diacono e laici di Pozzuoli).
Nel racconto delle varie passiones appare la figura di Sossio fortemente unita a quella del vescovo Gennaro, con un profondo vincolo di amicizia e forse anche di parentela. Egli è celebrato nei tratti di diacono giovane e brillante della ecclesia di Miseno, zelante nella sua funzione e umilmente sottomesso al suo vescovo con il quale, come recitava una epigrafe dedicatagli nella basilica vaticana da papa Simmaco (498-514), condivise la gloria dei martirio. Questi tratti furono subito congiunti nella memoria della comunità cristiana campana per rappresentare e celebrare del santo la personalità sincera, attiva ed affascinante.
La collazione delle varie fonti agiografiche sossiane consente di tratteggiare un racconto della Vita del santo abbastanza interessante ed attendibile. Lo conoscevano tutti; apparteneva ad una famosa famiglia, di librai nel ramo romano e prefettizia nel ramo flegreo. Aveva amici e contatti in Pozzuoli, in Napoli, in Roma e in Benevento, e la sua fama era estesa tra le comunità greche, come testimonia l’ammirazione di Teodosio vescovo di Tessalonica, e tra le comunità africane, come testimonia un’opera di San Quodvultdeus vescovo cartaginese discepolo di Sant’Agostino.
Ammirato dai superiori ed infuocato dell’ardore della proclamazione della parola evangelica, Sossio era additato ad esempio per le comunità lontane, e testimoniava intensamente la sua fede nel porto romano di Miseno, poco lontano dal santuario della Sibilla di Cuma, crocevia delle più diffuse ideologie filosofiche e religiose del Mediterraneo.
Nel 304, l’Ecclesia di Miseno rappresentava un punto di riferimento per i cristiani che avevano occasione di contaftare Sossio e di ricevere il suo aiuto sul loro percorso verso Roma, oppure in fuga dai luoghi ove la persecuzione imperversava più violentemente.
Quando anche in Campania furono affissi gli editti imperiali, la persecuzione partì da Noia, città sede dei Consolare romano, e furono molti i cristiani che subirono il martirio. Testimonianze esistono ancora oggi nelle basiliche paleocristiane di Cimitile che divennero, come la basilica di Miseno, mete importanti dell’antico pellegrinaggio cristiano.
Quando nel 305 la persecuzione si estese all’area flegrea Sossio fu tra i primi ecclesiastici ad essere incarcerato. La sua coraggiosa testimonianza di fede fu esemplare anche per il comportamento degli altri santi con i quali egli, dopo aver superato indenne la condanna ad bestias nell’anfiteatro Flavio di Pozzuoli, subì il martirio alla Solfatara.
Miseno, Napoli e Frattamaggiore sono i luoghi delle 3 traslazioni del corpo di San Sossio: la prima avvenne dopo l’editto di Costantino (313) dal campo del cristiano Marco, posto sulla via Antiniana ove il santo era stato sepolto dopo il martirio, alla basilica di Miseno eretta in suo onore; la seconda avvenne all’inizio del X secolo (tra il 902 e il 910) dalla basilica diruta di Miseno al Monastero Benedettino di Napoli; la terza avvenne nel 1807 ad opera del vescovo Michele Arcangelo Lupoli dal monastero napoletano soppresso al tempio patronale di Frattamaggiore.
Il nome del santo ci perviene nelle accezioni odierne di Sossio e di Sosio. La prima accezione è mutuata dalla tradizione latina agiografica ed ecclesiastica medievale (Giovanni diacono, Rationes Decimarurn in Campania); la seconda accezione è mutuata dalla traduzione greca o-c&Co.v del nome latino Sossius e dalla tradizione erudita (Emanuele monaco, Michele Arcangelo Lupoli).
Fonte: P. Saviano, Passio e storia del culto di San Sossio - Scheda: Vita di San Sossio Martire